mercoledì 17 febbraio 2010

La crisi vista all'interno dell'Unione Europea. Il caso Grecia

(Del dott. Alberto Prestipino)
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La Grecia sta attualmente attraversando un duro periodo di crisi economica che rischia di travolgerla e cui difficilmente può far fronte da sola.
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Le misure fiscali proposte dal governo Papandreu, tra cui l'innalzamento dell'età pensionabile, i tagli salariali e pensionistici, l'aumento delle accise sui beni di maggior consumo, hanno fatto sollevare l'opinione pubblica e sono state avversate con scioperi e manifestazioni.
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D'altra parte il Trattato di Lisbona vieta esplicitamente aiuti diretti a uno stato membro in difficoltà da parte della BCE o delle banche centrali nazionali.
In aiuto del paese di Omero si sono fatte così avanti Francia e Germania avanzando delle ipotesi di aiuti concertate però nel contesto di un’azione comune ad altri partner dell'euro-zona guidati da Berlino e Parigi.
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Tra le varie possibilità prese in considerazione vi sono:
- dilazionare le scadenze dei crediti vantati dagli stati membri nei confronti dello stato ellenico;
- erogare dei prestiti da parte di singoli stati membri alla Grecia;
- anticipare da parte della Commissione i versamenti degli aiuti strutturali previsti per la Grecia per il 2013;
- interventi da parte della Banca europea per gli investimenti.
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Queste sono alcune tra le ipotesi allo studio ma di fatto Atene non ha formalizzato una richiesta ufficiale di aiuti.
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E allora ci si chiede: “Perché i due paesi sono scesi in campo?”.
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Di certo, le ipotesi annunciate dai due grandi colossi dell'economia europea per far fronte alla situazione di disagio creatasi in Grecia non rappresentano un atto di benevolenza dei due stati verso il paese ellenico, ma piuttosto un tentativo di mostrare al mondo e soprattutto ai paesi al di fuori del sistema Euro, la solidità del sistema stesso e della moneta unica, nonché la capacità di far fronte con efficacia ai problemi economici dei paesi che di esso fanno parte. La Francia infatti è contraria all'intervento del Fondo Monetario Internazionale (F.M.I.) perché questo significherebbe appoggiarsi ad un organismo esterno all'unione, spostando quindi il problema anche sul piano politico.
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Il centro della questione è rappresentato proprio da quest'ultimo passaggio e cioè può il sistema euro far fronte alle crisi interne ai vari paesi che di esso fanno parte?
Quali conseguenze si avrebbero sul sistema euro da un possibile default della Grecia?
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Il sistema economico-monetario dell'euro è basato su regole predeterminate e sulla inderogabilità delle stesse rispetto ai membri appartenenti, se non entro limiti tassativamente previsti nella loro stessa stesura.
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Dette regole furono dettate nel famoso Trattato di Maastricht (1992) e presero il nome di “parametri di Maastricht” che sono alla base dell'unione monetaria e prevedono:
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1) Il rapporto tra deficit pubblico e prodotto interno lordo (PIL) non deve essere superiore al 3%.
Ricordo che:
- il deficit pubblico rappresenta l'ammontare della spesa pubblica che eccede le entrate dello stato;
- il PIL invece costituisce il valore globale dei beni e servizi prodotti nel territorio dello stato.
Bisogna distinguere i prodotti finiti e destinati ad usi finali dalla produzione destinata ai consumi intermedi impiegati per ottenere nuovi beni e servizi.
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2) Il rapporto tra debito pubblico e PIL non deve essere superiore al 60%.
Il debito pubblico è quello dello Stato nei confronti dei soggetti che hanno sottoscritto obbligazioni nate per coprire il fabbisogno finanziario dello stato.
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3) Il tasso d'inflazione non deve superare dell'1,5% quello dei tre Paesi più virtuosi dell'Unione.
Il tasso d'inflazione rappresenta l'aumento del livello generale dei prezzi che provoca una perdita del potere d'acquisto della moneta.
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4) Il tasso d'interesse a lungo termine non deve superare del 2% il tasso medio sempre rispetto ai tre Paesi più virtuosi dell'Unione.
Il tasso d'interesse costituisce il costo del denaro.
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5) La permanenza negli ultimi 2 anni nello SME senza fluttuazioni della moneta nazionale.
La sopravvivenza del sistema Euro è legata a questi parametri che comportano non pochi sacrifici agli stati membri per mantenerli dal momento che l'aiuto di organismi esterni all'Unione sarebbe un pericoloso precedente che potrebbe minare la stabilità stessa dell'unione. In poche parole se si permette ad uno o più paesi membri di derogare a quelle regole per salvare la propria situazione interna si rischia di mettere in crisi l'intero sistema. D'altro canto può accadere che per attenersi scrupolosamente a quei parametri si debbano fare dei sacrifici di politica interna non sempre facilmente perseguibili e comunque mal visti dalla popolazione.
Nella storia sono presenti vari esempi di sistemi monetari che pur apparentemente solidi sono implosi in loro stessi. Tra questi molta importanza riveste senz'altro il sistema di Bretton Woods che rimase in vigore per oltre cinque lustri.
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Gli accordi di Bretton Woods, voluti fortemente da Keynes, furono il primo esempio nella storia, di un sistema monetario concordato per governare i rapporti monetari fra gli stati che vi aderirono.
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Essi si tennero nell'omonima cittadina del New Hampshire nel luglio del '44 quando si era ancora nel vivo della seconda guerra mondiale, motivo per cui vi parteciparono solo gli stati alleati.
Il trattato prevedeva un regime di cambi fissi fra le monete dei paesi aderenti sulla base della loro convertibilità in oro o in altra valuta convertibile. Uno volta fissato il cambio esso poteva oscillare dell'1% in più o in meno.
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Questo meccanismo portò il dollaro a divenire valuta accettata in tutti gli scambi. D'altro canto gli USA si impegnavano a convertire in oro i dollari che gli stati avrebbero presentato loro da convertire. Fu inoltre prevista la creazione di due organismi di cooperazione per favorire lo sviluppo dei paesi membri, in particolare essi erano: la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale (i suddetti organi sono ancora in vigore).
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Conclusasi la seconda guerra mondiale gli USA elaborarono il piano Marshall e intanto anche altri paesi entrarono a far parte del sistema.
La straordinaria capacità di ripresa degli stati europei mise però gli stessi in condizione di avere un forte avanzo di dollari e se gli Stati Uniti avessero continuato a scambiarli con oro le proprie riserve auree si sarebbero presto impoverite.
Venendo meno questo parametro da parte degli USA, gli altri paesi aderenti non rispettarono a loro volta gli altri parametri e quando nel 1971 il presidente Nixon lo dichiarò concluso, il sistema di Bretton Woods era in pratica già caduto da un pezzo.
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Perché parlare di questo? Perché questo esempio insegna che se si deroga anche ad uno dei parametri fissati può cadere l'intero sistema.
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Quindi la domanda è: Stare in Europa anche con il sacrificio dei cittadini o rischiare di far collassare il sistema Euro?
I vantaggi dell'introduzione dell'Euro sono svariati, tra i vari ricordiamo una maggiore trasparenza dei prezzi, l'eliminazione dei costi di transazione, maggior controllo dei tassi di interesse grazie ad un’elevata stabilità dei prezzi, in più possiamo tenere sotto controllo, in modo migliore, il debito pubblico evitando svalutazioni che avrebbero comportato ulteriore indebitamento; inoltre l'euro è accettato come valuta negli scambi internazionali insieme al dollaro e allo yen.
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I problemi invece sono stati evidenti per quanto riguarda l'adeguamento dei salari e per le gravi speculazioni che si sono verificate nel periodo di transizione da una moneta all'altra.
Concludo dicendo che a mio avviso si deve trovare una strada per tenere in piedi il sistema Euro rendendolo sempre più forte e in grado da solo di affrontare le crisi che via via si incontreranno senza però chiedere eccessivi sacrifici ai cittadini. Ricercare quindi un compromesso importante in un momento in cui la crisi lascia pesanti strascichi dal punto di vista occupazionale e in cui, in ogni caso, dell'Europa e dell'Euro abbiamo bisogno.
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1 commento:

Giusy Converti ha detto...

Sicuramente la Grecia deve prendere misure efficaci per quanto riguarda le politiche occupazionali e le tasse oltre a realizzare riforme in alcuni campi e come l’istruzione e sicurezza sociale. Si tratta però di prendere misure che causerebbero la perdita dell’appoggio al governo di Papandreu...